C’è un gran silenzio questa sera.
Le cicale stanno terminando la loro stagione. Il cielo di essere argenteo. La luna gigante si ribella alle nuvole che tentano di ostruirne il chiarore.
Aspettare la notte per distinguere la differenza tra lampo e luce, liberare l’immaginazione per proiettarsi verso il ritorno alle abitudini, contrastare le occasioni gettate al vento e lanciarsi nel ricordo di quella procrastinazione continua, ciclica e vitale, che tanto è stata archetipo degli ultimi cento giorni trascorsi.
Perché quando l’estate è ancora calda e lunga si fanno promesse per settembre che sono talmente lontane che appaiono filosoficamente irraggiungibili. C’è da pensare solo all’aria delle cose che diventa irreale, ai tramonti, agli aperitivi, ai sabato sera, all’Hendrick’s o al Plymouth con la tonica, alla vacanza da organizzare, se al mare o in montagna, se con i piedi sulla terra o sulla sabbia. Se ne riparla poi della dieta, le camminate, le nuove ricette in cucina, la palestra, le lezioni da frequentare, lo yoga, gli esercizi per la respirazione, la lettura di libri da settecento pagine, il corso sul vino, quello di filosofia, l’abbonamento a teatro, la tessera al cinema, lo stadio, le persone da incontrare e rivedere.
Il tempo moderno che corre apre le braccia a settembre che feroce trascina con sé l’impietosa resa dei conti.
Si controllano i ponti nel calendario, si pianificano viaggi e prenotano week end random come cura palliativa, si seguono eventi per tenere impegnati corpo e mente, si chiudono le finestre e si tirano su le coperte, i fuori sede rientrano in sede, le otto del mattino tornano ad essere una giungla, non si erano mai viste code tanto grandi tanto lunghe, si dissolvono le biciclette, c’è chi si mette gli occhiali da sole per crederci ancora, i più audaci iniziano a rintanarsi nei propri habitat e mettono in piedi un sistema di vita latente di auto contenimento sociale, più noto come letargo, che tanto ci sentiamo su whatsapp. Intanto i reduci, destinati a errare, lavoratori dei cantieri del buon umore, partecipano a gare di resistenza di vita solidale e se ne escono alla ricerca di pianeti invisibili, di volti e sguardi coetanei per condividere attimi di fratellanza e partigiano sostegno esistenziale.
I buoni propositi sono lì che bussano alla porta pronti a fare il loro corso ma le loro sembianze non si manifestano più docili e sinuose bensì mostruose e terrificanti, i disturbi bipolari si intensificano, viene diagnosticata l’allergia al cambiamento, la to do list ricca di cose fighissime fino a qualche giorno prima improvvisamente si trasforma in fonte di stress e ansia da troppe cose in un baleno, l’unico obiettivo del mese diventa quello di sopravvivere e il giradischi suona in loop 29 settembre di Battisti, metafora di un traguardo tanto sensibile quanto spirituale.
Anche se si respira quell’odore di ripartenza e di nuovi inizi, non è ancora né l’inizio né la fine, né estate né inverno, è come essere in un limbo, un luogo di espiazione che ha la forma di una montagna che sorge su un’isola circondata da acque. Catone Uticense ne sarebbe il custode perfetto, dall’alto del suo ideale di libertà e di vita virtuosa consiglierebbe di pazientare un altro po’, di non pensare al passato o rivangare su ciò che è stato, gli orizzonti perduti non si scordano mai.
E così arriva il primo acquazzone che fa terra bruciata e si porta via tutto, le frequenze di Radio Varsavia propongono ‘have you ever seen the rain?’ percepita come un segnale liturgico, il cielo aperto e immenso dopo il temporale sancisce finalmente il giorno uno da cui potrà partire la ricerca di un centro di gravità non necessariamente permanente, anche solo temporaneo andrebbe benissimo. E tutto cambia.
Gli attimi di silenzio si manifestano più liberamente, si può udire il rumore dei passi alla sera camminando per le vie del centro, qualche ozio perduto nelle settimane precedenti viene ricompensato, colori e profumi trovano la loro espressione, le albe si sostituiscono ai tramonti ed il verde all’azzurro, l’odore del grano, le gocce di rugiada, migrazioni di uccelli in volo disegnano codici di geometria esistenziale, notti illuminate e cieli autunnali rendono possibile curare le ferite ed organizzare la mente in nuove dimensioni.
Settembre, una malinconia labile ed una felicità sommessa.
Un suono discende da molto lontano
Assenza di tempo e di spazio
Nulla si crea, tutto si trasforma
La luce sta nell’essere luminosi
Irraggia il cosmo intero
Cittadini del mondo
Cercano una terra senza confine
La vita non finisce
È come il sogno
La nascita è come il risveglio
Finché non saremo liberi
Torneremo ancora
Ancora e ancora
Pensiero debole che attraversa ossimori di simulata realtà ed ironica fantasia. Scrittura come arte curativa e medicina naturale per l’inconscio. Di provenienza concettuale da un’estate vissuta in apnea in cui abbiamo dovuto imparare a ballare stando fermi. Di provenienza genealogica da chi quasi quarant’anni fa con la letteratura e la musica ci insegnò che l’evoluzione sociale non serve al popolo se non è preceduta da un’evoluzione di pensiero.
